GenderLens consiglia ai genitori la lettura di questi libri sui temi varianza di genere, identità di genere, diversità, LBGTQIA+
Per i libri per bambini che trattano la diversità di genere in modo ampio vai a questa pagina.
A questo link trovi invece i libri che parlano nello specifico di varianza di genere
Scrivere la storia è un gesto importante, capace di connettere la comprensione del passato con il futuro che si intende costruire. È proprio questa l’impresa tentata da Susan Stryker in questo libro già classico che ricostruisce, con rigore e poesia, la storia e le battaglie di soggettività e movimenti transgender, dalle discriminazioni mediche, sociali e politiche, alle lotte per i diritti civili, passando per la Millennial Wave fino agli sviluppi più recenti. Storia transgender, affermatosi come un testo fondamentale nell’ambito dei gender studies, non è tuttavia un libro per persone addette ai lavori: il suo taglio narrativo e il suo tono appassionato lo rendono adatto a chiunque abbia a cuore quella che Walter Benjamin definiva la “tradizione degli oppressi.” Studio, racconto, memoir e molto altro ancora, Storia transgender è, soprattutto, un manifesto dedicato a tutte le persone che ritengono la lotta alle ingiustizie un compito inderogabile, e la conoscenza l’arma giusta per combatterla.
Il racconto dell’elicottero, conosciuto in origine con il titolo Mi identifico sessualmente come elicottero d’attacco, immediatamente dopo l’uscita è diventato un caso editoriale negli Stati Uniti.
“Nel 2020, quando il racconto è stato pubblicato nel magazine online Clarkesworld, nessuno sapeva chi fosse Isabel Fall. C’era chi credeva fosse qualcuno dell’alt-right che aveva espanso il meme continuando a prendere in giro la cultura queer e le narrazioni trans. C’era chi non credeva potesse essere davvero una donna perché nessuna donna avrebbe mai potuto dire che le piaceva la violenza, che le piaceva essere usata, che le piaceva uccidere. Quelle erano fantasie maschili e quello che era in gioco era l’autorialità di genere di tale Isabel Fall. Probabilmente la narrazione queer ha ancora talmente tanto bisogno di verità a zero layer da non poter accettare che si possa scherzare su alcune cose. Capisco il bisogno perché dopo decenni di narrazioni dominanti fasulle, la verità – una certa verità su di sé – sia una priorità.
Quando è uscito questo racconto Isabel Fall non aveva ancora fatto coming out come donna trans e quindi il suo racconto poteva non essere vero.”
(Dalla prefazione di Antonia Caruso)
Se queste sono le premesse della polemica innescata dalla sua pubblicazione, Il racconto dell’elicottero rimane soprattutto un ottimo esempio di narrazione fantascientifica contemporanea, in cui a una tematica certamente scandalosa si sovrappongono idee, suggestioni e scenari che fanno ormai parte del nostro panorama quotidiano, dalla catastrofe climatica all’uso indiscriminato della violenza e del controllo militare, all’evoluzione dell’intelligenza artificiale, ai rapporti di potere tra organizzazioni e individui.
Isabel Fall ha scelto di devolvere tutti i suoi compensi per questa edizione de Il racconto dell’elicottero a un’organizzazione no profit americana che si occupa di sostegno alle persone trans.
In Italia la casa editrice ha deciso di donare una somma analoga a Genderlens.
«La mia battaglia per i diritti delle persone transgender è iniziata da una maglietta rosa con un unicorno: mia figlia la voleva indossare e io proprio non capivo perché un maschio non potesse farlo. Cercare di difendere questo suo diritto mi ha fatto iniziare a studiare e capire che cosa sia davvero l’identità di genere. Ma la cosa che mi ha aiutato di più in questo viaggio è stata conoscere tante persone transgender, di ogni età e di ogni nazionalità. Ognuna con la propria storia e le proprie peculiarità esattamente come chiunque: persone però che vivono in una società che non solo non le prevede, ma che ad oggi ancora pare non avere alcuna intenzione di prevederle. Basti pensare alle infinite discussioni per l’inserimento dell’espressione “identità di genere” all’interno del DDL Zan e a quel vergognoso applauso quando è stato affossato.»
Camilla Vivian, creatrice di Mio figlio in rosa, in cui racconta la sua esperienza di madre di una persona transgender, ha iniziato il suo percorso di attivista nel 2016. Da allora si è sempre scontrata, come chiunque porti avanti questa battaglia per i diritti, con una barriera di ignoranza e pregiudizio che finisce per sembrare insormontabile. Dall’uso del giusto pronome al riconoscimento giuridico, dalle terapie ormonali alla transizione chirurgica: le vicissitudini cui vanno incontro le persone transgender sono tante, dolorose e spiazzanti. Questo libro vuole essere un modo per cambiare le cose: attraverso le straordinarie testimonianze di 33 persone transgender di ogni età e provenienza, si racconta non solo la vera realtà della questione transgender in Italia, ma si affronta anche un problema politico e sociale che esige di essere risolto, affinché nessun diritto venga più negato e si inizi a costruire un mondo migliore.
In questo agile saggio Vera Gheno fa il punto sul dibattito che si è sviluppato in Italia intorno al linguaggio, con l’intento di aiutare il lettore a prendere una posizione, e accompagnarlo a riflettere proprio su quanto sia importante non dare mai nulla per scontato.
Gli studi sono tra loro indipendenti e indagano il pensiero di Mario Mieli non tanto in chiave biografica, quanto piuttosto come lente per fare luce sul nostro tempo. Nei primi tre studi ci si propone di mettere in discussione il concetto di identità: chi la determina? A chi serve? Che cos’è?
Nel quarto studio si affronta il legame tra economia e sessualità provando a scoprire quanto, citando Mario Mieli: l’inconscio è venduto a fette sul banco del macellaio.
Infine, nel quinto studio si parla di educazione del bambino e della bambina e dei tabù che riceviamo in eredità fin dall’infanzia, primo tra tutti quello della morte… e della vita.
Un volume per formare, informare, conoscere e approfondire le identità trans e non binarie
Alleatә è un nato all’interno di un progetto di scambio, condivisione ma soprattutto di alleanza. Quello che rende questo libro unico è la sua doppia anima. Da un lato, infatti, è un libro che ha l’obiettivo di formare, informare, conoscere e approfondire le identità trans e non binarie. Dall’altro, questa cornice teorico-scientifica, è arricchita dai racconti personali di 9 ragazzə, che hanno messo dentro questo progetto tutto di loro: la loro storia, la loro esperienza, che passa dalle difficoltà ma arriva fino all’euforia, i loro interessi e le loro competenze uniche, dalla grafica, alla moda, passando per la biologia e la medicina. Un progetto in cui abbiamo creduto insieme, da quando era stato pensato solo come un opuscolo informativo e che è poi arrivato ad essere un libro intero, in cui più raccontavamo più ci venivano in mente altre cose importanti da voler condividere. L’importanza della condivisione e dell’informazione ci ha anche guidato nella scelta di un linguaggio che fosse accessbile a tuttә; tutto viene spiegato con un linguaggio scevro di tecnicismi o accademismi, e piuttosto semplice e di facile lettura. Dopo tutto, l’obiettivo è che si diventi tuttә alleatә.
Chi si può incontrare nel paese dell’amore? Cosa si dice nel paese del cambiamento? Come è fatto il paese delle parole?
Un fondamentale viaggio per imparare a conoscere e rispettare noi stessi e gli altri
Le persone possono essere solo maschi o femmine. I veri maschi non piangono. Mettersi lo smalto fa diventare donne. Le femmine non possono avere il pisello. Questi e (moltissimi) altri sono i falsi miti in cui capita di imbattersi ogni giorno riguardo alla questione di genere. Questione molto più complessa, variopinta e sfaccettata di quanto spesso si pensi, perché dietro a concetti che ormai tutti crediamo di conoscere bene, come transgender, cisgender, orientamento sessuale e così via, c’è un mondo tutto da esplorare. Questo atlante – aggiornato, comprensibile, dettagliato – realizzato dalle due persone che coordinano il team per l’affermazione di genere dell’Ospedale Universitario Careggi di Firenze, tra le massime esperte di questi temi, prende per mano i lettori per portarli alla scoperta dell’euforia di genere, attraverso cinque continenti (quelli di conoscenza, esplorazione, convivenza, legami e piacere) e diversi paesi, da quello dell’amore a quello del tesoro nascosto, da quello delle verdure (patata, pisello) a quello dei cavallucci marini, da quello del coming out (cosa ben diversa dall’outing, attenti a non sbagliare) a quello delle tempeste, fino a raggiungere i paesi della sicurezza, delle scoperte e della libertà di essere se stessi.
È sempre più evidente che le serie televisive rispondono alle necessità di un pubblico più consapevole della complessità del mondo e più attento alle tematiche sociali. Elena Garbarino e Mara Surace evidenziano questo cambiamento di sensibilità e aggiungono le narrazioni seriali alla cassetta degli attrezzi dell’antropologia, sottolineando come i prodotti seriali possano innescare riflessioni antropologiche, anche quando non è il loro fine principale. In Spoiler! alcuni passaggi di serie tv come Orange Is the New Black, Pose, Il racconto dell’ancella, Lovecraft Country – La terra dei demoni, Sex Education e Vida aiutano così a far emergere temi urgenti della contemporaneità, quali la costruzione dell’identità, la rappresentazione della diversità, la crisi e lo spaesamento dell’individuo postmoderno, nonché la necessità di dare voce a chi non ha avuto il privilegio di raccontare e raccontarsi.
LGBTQIA+ è una sigla che contiene tanti significati, uno strumento di rappresentazione per le soggettività che non si riconoscono nella norma eterocissessuale, secondo la quale tutte le persone dovrebbero essere eterosessuali e riconoscersi nel genere assegnato alla nascita. Spesso si obietta che questa sigla non è chiara, che c’è un controsenso tra il pretendere una libertà e utilizzare delle lettere che sembrano creare delle categorie. Ma le lettere che compongono questa sigla rappresentano una possibilità di rappresentazione e autodeterminazione, oltre che di creazione di diverse comunità. La sigla non raccoglie una singola comunità, con regole e dettami univoci, ma richiama un universo di possibilità. Questo libro, utilizzando una forma frammentaria che raccoglie eventi storici, citazioni, racconti di pratiche ed esperienze collettive, cerca di comunicare che cosa questa sigla vuole significare davvero e come è nata la necessità di riconoscersi in essa. Qui dentro non troverete categorizzazioni o norme, ma prima di tutto il tentativo di mantenere una complessità che rappresenta le persone, e che non vuole essere ridotta né annullata.
Tutto comincia con qualcuno che bussa alla porta di una famiglia bianca della buona borghesia americana: una scrittrice, un marito amorevole e quattro figli. Sono felici. Alla porta c’è un assistente sociale: ha alcune domande sul figlio più piccolo che ha tre anni e, secondo chi li ha denunciati, si comporta in modo “troppo femminile”.
Quella visita è lo spartiacque tra un prima e un dopo, e insieme la scoperta di un mondo ostile, incapace di garantire i diritti di chi, identificato alla nascita come maschio, si riconosce invece in un’identità di genere femminile e chiede, prima di tutto ai suoi genitori, di essere chiamato “lei” e non “lui”.
Da quel momento, la famiglia si organizza in funzione della sua crescita, individuando il luogo migliore in cui andare a vivere, cercando lo Stato americano con la maggior tutela legislativa e confrontandosi con dubbi, paure e incertezze.
Un libro importante e commovente, che parla di legami, cambiamento, coraggio, politica, diritti, fede e ragione: una lettera, dolcissima indirizzata da una madre a una figlia, ma pensata per tutti noi e dettata da un amore che non accetta compromessi.
In Insegnare comunità, bell hooks espande le riflessioni sul futuro dell’insegnamento già avviate in Insegnare a trasgredire, proponendo un concetto di educazione come pratica democratica. Secondo hooks, infatti, l’insegnamento può essere un’attività gioiosa e inclusiva, ma deve essere assolutamente ripensato per affrontare in maniera risolutiva le discussioni su razza, genere, classe e nazionalità oltre l’angusto spazio dell’aula.
Come possiamo ripensare le pratiche di insegnamento nell’era del multiculturalismo? Cosa fare degli insegnanti che non vogliono insegnare e degli studenti che non vogliono imparare? Come affrontare il razzismo e il sessismo in classe?
Intriso di passione politica, Insegnare a trasgredire fonde la conoscenza pratica dell’insegnamento e la connessione profondamente avvertita con il mondo delle emozioni e dei sentimenti.
L’autore di questo libro è transgender, e il protagonista di questo libro è transgender. Tuttavia, questo libro non è un’autobiografia, è un romanzo. Anzi, quando comincia, l’io narrante non è ancora nato, nonostante i suoi genitori facciano di tutto perché ciò accada, e, nonostante non abbia ancora il corpo, l’io narrante racconta. Sarà solo la fine del mondo, esordio nella narrativa di Liv Ferracchiati, autore teatrale e performer, è infatti un romanzo sul corpo che, anche quando è in piena salute, allegro, bello, può essere percepito come inadatto. È con il corpo che ci presentiamo al mondo prima di aver imparato a parlare, è intorno al nostro corpo nudo che viene pensato il colore rosa o l’azzurro, anche quando non li indossiamo. Così, visto che il corpo è un problema, il protagonista, da subito, comincia a parlare. Comincia a farlo prima di nascere, e poi non smette più: parla tanto, si lambicca, eccepisce, critica e discute. Gioca, soprattutto. E si innamora. L’io narrante bambino vuole tutto, e non ha problemi di identità, è certo di chi è e di ciò che vuole, poi purtroppo qualcosa cambia: qualcuno, oltre a se stesso, vuole spiegargli chi è, cosa è, e quando è. La vita, però, cambierà con l’entrata in scena del mitico e quotidiano Guglielmo Leon. Sarà solo la fine del mondo segue la vicenda umana e preumana del protagonista, e anche quella oltreumana, attraverso i suoi incontri, le sue scoperte, le sue lotte, i suoi tradimenti, le sue risse, le sue gioie, le sue delusioni e la galleria dei personaggi – alcuni buffi, altri odiosi, molti adorabili – che incrociano il suo cammino. Un romanzo comico in senso generale, perché il comico ha a che fare con l’inaspettato, e in senso proprio, perché fa ridere: con una scrittura aerea e musicale, Liv Ferracchiati, rivolgendosi continuamente a chi legge – «Lettore, seguimi!» – e facendoci così diventare personaggi e protagonisti del suo libro, mette in scena il senso di inadeguatezza e la diversità, che sempre ci fa stupendi.
Questioni di un certo genere
Arianna Cavallo, Ludovica Lugli, Massimo Prearo
2021
pp 224
ISBN 9788870919530
Fiocco azzurro o fiocco rosa: tutte le persone vengono divise tra due gruppi alla nascita, o ancora prima, in base alla forma dei propri genitali vista in un’ecografia. Le cose però non sono mai così semplici e concluse, e per capirle meglio abbiamo cominciato a distinguere sessi e attrazioni sessuali prima, e identità di genere poi. Insieme a queste distinzioni sono arrivate nuove parole – come «bisessuali», «LGBTQIA+», «transgender» e «cisgender» – e nuovi dibattiti. Uno riguarda la lingua (non solo lo schwa), altri cose più concrete: i simboli sulle porte dei bagni, le categorie nello sport agonistico, gli abiti che indossiamo. E poi ci sono le questioni dei diritti, e la capacità di tutti di conoscere e capire il prossimo, e gli argomenti di cui si discute.
Rombi di tuono e lampi: entrano in scena tre streghe. Così comincia il Macbeth.
Di streghe ne vediamo anche qui, ma non compaiono all’inizio, né leggono il futuro a un condottiero scozzese. Queste streghe accolgono l’autrice – sorella nella buona e nella cattiva sorte – nella sterpaglia che costeggia il Sangone, torrente che dà il nome a una valle piemontese. È a loro che Filo racconta la sua storia, la storia che avete tra le mani, una battaglia partita per cinque lettere.
O – M – E – N – A
«Battaglia che forse, chissà, non ci sarebbe stata senza la lotta No Tav».
«Come? C’entra pure quella?».
«Manco te l’immagini, quanto c’entra».
Le streghe ascoltano, commentano, consolano, preparano a Filo un brodo di erbe selvatiche. Anche loro hanno una storia e a modo loro la raccontano. L’unica cosa che non fanno è leggere il futuro. Perché, come diceva un fratello maggiore, the future is unwritten.
I confini di genere, come quelli tra nazioni, sono presidiati. Varcarli è un’impresa. I lasciapassare sono concessi di rado e a condizioni umilianti. Spesso le persone trans, non binarie e queer hanno necessità di passare comunque. Come? Da clandestine. E a volte nei reticolati restano impigliati brandelli di nomi.
Senza titolo di viaggio narra di un’esplorazione di genere e spesso la canta, perché qui dentro c’è la punk e la folk. Un testo in bilico tra prosa e canzonette, dove s’alternano amarcord siculo-torinesi, teoria transfemminista e teatro di rivista, con le benedizioni di Judith Butler e Petrolini.
«La coscienza di sé, la ribellione ai diktat di genere, la gragnuola di coming out, l’autodeterminazione, la lotta contro la transfobia, sono tappe di un viaggio verso la riappropriazione e l’autogoverno dei corpi, degli spazi, dei tempi e dei territori, per vivere relazioni fuori dal dominio patriarcale e capitalista!».
«Bravx!».
«Grazie!».
Giorno 21: Affanculo! Ma perché devo crepare io? Ma perché non crepate voi? Ma perché non posso vivere anch’io, benché frocia, lagnusa, anarchica e poetessa? Affanculo tutti, io voglio vivere, e voglio essere frocia, lagnusa, anarchica e poetessa. Voglio camminare in montagna, nuotare nel mare, poggiare semi sulla terra, raccogliere frutti, carezzarmi, carezzare il vento, ricevere carezze e abbracci e sorridere con altrx e godere del contatto.
Finalmente un’opera italiana completa e di riferimento per la storia delle sessualità e identità LGBT+.
Questo volume rappresenta la prima storia completa delle sessualità e delle identità LGBT+ in Occidente dal XVIII secolo al tempo presente. Intrecciando nell’analisi una varietà di fonti, dalle memorie alla letteratura, dalla trattatistica alla cronaca, il libro offre una lettura inedita della storia contemporanea: dal ruolo della sessualità nella formazione degli stati-nazione, alle guerre mondiali, dal giro di vite del dopoguerra alla rivolta di Stonewall, dalla crisi dell’Hiv alla rivoluzione queer degli anni Novanta, fino alle nuove sfide degli anni Duemila con la loro apertura verso il futuro.
Curare il linguaggio, dedicare attenzione alle parole quando si tratta di inclusione è fondamentale, perché è attraverso le parole che costruiamo la realtà intorno a noi e diamo forma al nostro mondo interiore. Lo scopo di questo dizionario emotivo non è infatti spiegare il significato letterale di alcuni termini, ma di mostrare le conseguenze che il linguaggio ha sulla visione della diversità. Termini come esclusione o uguaglianza, vocaboli come desiderio, aspirazione o autodeterminazione, sono comuni a tutti gli esseri umani e particolarmente importanti per chi fa parte di una qualsiasi minoranza. Partendo dalla neurodiversità, di cui l’autore, autistico, è profondo conoscitore e divulgatore, si esplorano le parole che costellano tutte le altre forme di diversità: culturali, religiose, sessuali e di genere, legate alla differente funzionalità fisica. Questo saggio fornisce uno stimolo all’apertura, alla comprensione delle diversità e di quanto esse siano indispensabili in una società evoluta, laddove la vera uguaglianza può avvenire esclusivamente attraverso il riconoscimento e la valorizzazione delle differenze e delle caratteristiche uniche di ciascun individuo.
La lingua è uno strumento che si modifica in base alle necessità della comunità che la utilizza, ma è anche uno spazio abitato dalle persone. Osserva lo spazio linguistico in cui ti muovi: a chi è riconosciuto il diritto alla cittadinanza linguistica? Quali soggettività possono autodeterminarsi e quali invece sono marginalizzate, sempre oggetto di racconti altrui?
La lingua crea la realtà e gli immaginari, questo libro riflette sulle strategie comunicative per trasformare lo spazio linguistico affinché tutte le soggettività abbiano gli stessi diritti.
La nuova edizione rivista e aggiornata di Diventare uomini, un saggio sull’antisessismo maschile in Italia che raccoglie la prospettiva femminista del «partire da sé». L’autore descrive la vita di un uomo ripercorrendo le sue vicende, dall’infanzia all’età adulta, per mostrare come il sessismo – strumento con il quale il sistema patriarcale si mantiene e si evolve – condizioni il suo sviluppo, il suo linguaggio, le sue abitudini, la sua visione del mondo.
I giochi per l’infanzia, i rapporti con l’altro sesso e con gli altri generi, la vita di coppia, il lavoro e la socialità. Ogni uomo incorpora pregiudizi e abitudini sessiste, diventando parte attiva di una politica discriminatoria.
Tutto questo può cambiare, ma non si nasce antisessisti: solo una presa di coscienza libera e critica da parte degli uomini sul patriarcato vigente, può offrire uno sguardo maschile nuovo sui rapporti tra i generi e liberare dai condizionamenti sociali l’immagine che gli uomini hanno di sé.
La nuova edizione include riflessioni sui temi più attuali, dal revenge porn al fenomeno degli incels, dalla gpa al congedo parentale. Per continuare a riflettere e mettere in discussione, a partire da sé, il predominio patriarcale.
Cosa accadrebbe se una extraterrestre, un’abitante del pianeta Venere, arrivasse in Italia e scoprisse che sulle questioni di genere il nostro non è un Paese così evoluto come vorrebbe far credere? Meglio spiegarglielo prima. Con una lettera che è come una guida turistica ai luoghi comuni sessisti nei quali (inevitabilmente?) si imbatterà. «Ciascuno di noi – spiega l’Autrice – quando cede ai luoghi comuni, quando ragiona per stereotipi, oppure quando fa finta di niente, porta il suo mattoncino alla costruzione delle discriminazioni. Il caso del sessismo lo dimostra. È la prima e la più importante delle polarità che contrappongono gli esseri umani collocandoli in una gerarchia fasulla, costruita perché la differenza si trasformi in disvalore». L’auspicio è che una volta letto questo libro, dizionario dei luoghi comuni del ventunesimo secolo, «non si dovrebbe avere più il coraggio di parlare – come scriveva Flaubert -, per paura di dire, senza rendersene conto, una delle frasi in esso contenute».
Pink is the new black. Stereotipi di genere nella scuola dell’infanzia
Emanuela Abbatecola, Luisa Stagi
2017
pp 144
ISBN 9788878855670
Pinkizzazione è la recente tendenza a colorare di rosa tutto ciò che appartiene al territorio femminile: rosa i vestiti e i giocattoli delle bambine, rosa gli oggetti e gli accessori delle donne; ma rosa è anche il colore scelto dalle donne in marcia nello sciopero globale dell’8 marzo 2017.
Quando e perché è divenuto così di moda? La divisione dei colori – rosa per le femmine e blu per i maschi – è uno dei tanti dispositivi per il mantenimento dell’ordine di genere, un ordine rigorosamente binario che non prevede sconfinamenti e che ingabbia non solo il femminile, ma anche, o forse soprattutto, il maschile. Ancora oggi, i maschi devono mostrarsi diversi dalle femmine, ma si iniziano a intravvedere significativi segnali di cambiamento, che generano forme di resistenza.
Perché le sfide all’ordine di genere fanno paura? Attraverso una ricerca sugli stereotipi di genere nelle scuole di infanzia genovesi, si è provato a rispondere a queste e altre domande, entrando nelle scuole, parlando con le insegnanti, facendo osservazione nelle classi e provando a catturare il punto di vista creativo di bambine e bambini.
La dottoressa Diane Ehrensaft ha dedicato la sua carriera di psicologa a supportare e guidare bambini e adolescenti che non si identificano con il genere biologico indicato sul loro certificato di nascita. Nel suo primo rivoluzionario libro, Gender Born, Gender Made, ha creato il concetto di “gender creative” per ciò che l’American Psychiatric Association definiva ufficialmente un “disturbo”.
Ora, con Il bambino gender creative, Diane Ehrensaft offre a genitori, insegnanti, famiglie e terapisti una risorsa completa e aggiornata per prendersi cura dei bambini che intrecciano e uniscono natura, educazione e cultura in un’infinità di modi per determinare il genere del loro vero sé. In nove capitoli semplici da leggere incoraggia i genitori ad ascoltare i figli, sostenere la loro ricerca di una vera identità di genere e intraprendere una valutazione dettagliata delle loro esigenze.
Il libro è anche una guida per i professionisti che lavorano con i bambini e presenta la questione attraverso il panorama culturale, medico e legale del genere e dell’identità, in rapida evoluzione. Leader del pensiero e promotrice dell’identità gender creative, Diane Ehrensaft illumina le molte strade che i bambini possono intraprendere e risponde alle tante domande che genitori, insegnanti e professionisti sanitari si pongono.
La storia di Federico, 10 anni, bambino che si sente anche una bambina, raccontata da sua madre Camilla, la quale non gli chiede
di rinunciare alla parte femminile di sé
Il mio bellissimo arcobaleno. Crescere un bambino di genere non conforme
Lori Duron
2014
pp 233
ISBN 9788867760855
I bambini “arcobaleno” sono diventati famosi negli Stati Uniti grazie al coming out delle loro famiglie. Sono i genitori infatti ad aver sentito il bisogno di raccontare le storie quotidiane dei loro figli: bambini che non si riconoscono completamente nella loro identità biologica, bambini da amare così come sono, liberi di esprimere le loro preferenze e le loro passioni e, soprattutto, bambini da proteggere dall’isolamento e dalla violenza di una società che purtroppo si fonda ancora sulla netta distinzione tra maschile e femminile. Lori Duron è una madre arcobaleno che ha deciso di raccontare la sua esperienza prima in un blog che in breve tempo è diventato un vero e proprio “fenomeno” sociale negli Stati Uniti, e ora nelle pagine di questo volume. Con grande sensibilità confessa le difficoltà e le incertezze vissute nell’affrontare uno dei temi più scottanti della nostra attualità: come educare e come vivere insieme a un bambino di genere “non conforme”? Quali sono i comportamenti e le scelte necessarie per crescere un figlio che non sia vittima di paure, insicurezze e tabù? Il risultato è un manifesto sull’amore incondizionato che ogni genitore dovrebbe dare ai propri figli, accettando e sostenendo la loro “diversità”, incoraggiandoli a esprimere la loro personalità, senza giudizi e senza riserve, ma vivendo con loro giorno per giorno le sfide della vita.
Telling the Boys from the Jo B. Paoletti’s journey through the history of children’s clothing began when she posed the question, “When did we start dressing girls in pink and boys in blue?” To uncover the answer, she looks at advertising, catalogs, dolls, baby books, mommy blogs and discussion forums, and other popular media to examine the surprising shifts in attitudes toward color as a mark of gender in American children’s clothing. She chronicles the decline of the white dress for both boys and girls, the introduction of rompers in the early 20th century, the gendering of pink and blue, the resurgence of unisex fashions, and the origins of today’s highly gender-specific baby and toddler clothing.
Le eroine dei fumetti le invitano a essere belle. Le loro riviste propongono test sentimentali e consigli su come truccarsi. Nei loro libri scolastici, le mamme continuano ad accudire la casa per padri e fratelli. La pubblicità le dipinge come piccole cuoche. Le loro bambole sono sexy e rispecchiano (o inducono) i loro sogni. Questo è il mondo delle nuove bambine. Negli anni settanta, Elena Gianini Belotti raccontò come l’educazione sociale e culturale all’inferiorità femminile si compisse nel giro di pochi anni, dalla nascita all’ingresso nella vita scolastica. Le cose non sono cambiate, anche se le apparenze sembrano andare nella direzione contraria. Ad esempio, libri, film e cartoni propongono, certo, più personaggi femminili di un tempo: ma confinandoli nell’antico stereotipo della fata e della strega. Sembra legittimo chiedersi cosa sia accaduto negli ultimi trent’anni, e come mai coloro che volevano tutto (il sapere, la maternità, l’uguaglianza, la gratificazione) si siano accontentate delle briciole apparentemente più appetitose. E bisogna cominciare con l’interrogarsi sulle bambine: perché è ancora una volta negli anni dell’infanzia che le donne vengono indotte a consegnarsi a una docilità oggi travestita da rampantismo, a una certezza di subordine che persiste, e trova forme nuove persino in territori dove l’identità è fluida come il web.