Le difficoltà dell’Infanzia Trans* nelle Scuole Italiane: cosa ci dice la ricerca

Negli ultimi mesi si è parlato parecchio, pure troppo, dell’infanzia trans* in Italia. Si è detto e ridetto che va tutelata, protetta, studiata, messa al centro di dibattiti politici e giornalistici condotti da personaggi che di questioni riguardanti il genere (e le sue molteplici espressioni) sanno poco o nulla.

La salute e il benessere di giovani trans* è diventato così un pretesto per comparire nei talk show o riempire un’agenda politica vuota di contenuti e idee realmente pensati per la crescita di un Paese civile.

Nel frattempo, le persone trans* più piccole vengono completamente ignorate dalle istituzioni che continuano a negare il loro riconoscimento negli spazi pubblici, il più importante la scuola. Uno studio pubblicato recentemente – condotto da Mariotto (Università di Roma Tre), Albanesi e Lorusso (Università di Bologna) – ha ben descritto l’esperienza dell’infanzia trans* nelle scuole primarie italiane, facendo luce su un sistema che continua a marginalizzare e opprimere queste persone in crescita, considerate tra le più vulnerabili della nostra società. Questo è il primo studio che si occupa di giovani vite trans* nella scuola primaria italiana e uno dei pochi a mettere in evidenza la doppia discriminazione da loro subita: da un lato, per aver infranto le norme di genere tradizionali, e dall’altro, per l’adultismo che invalida le loro identità ed esperienze semplicemente perché sono bambin*.

Questa combinazione, di cui c’è poca consapevolezza anche tra chi si occupa della salute e dell’educazione delle persone piccole di genere creativo, crea un ambiente scolastico che non solo non sostiene queste giovani vite, ma limita attivamente la loro capacità di esprimere sé stesse. È un’omissione evidente, che riflette una resistenza profonda ad ammettere che le identità di genere creativo possono emergere già durante i primi anni di vita. La nostra società si aggrappa a nozioni superate dell’infanzia, inteso come periodo di presunta innocenza, cisgender ed eterosessuale, respingendo le identità non conformi come semplici deviazioni dalla norma.

Inoltre, lo studio evidenzia il percorso complesso e spesso doloroso delle famiglie che cercano di navigare in una società non sempre pronta ad accettare l* figl*. In Italia, dove la diversità di genere nell’infanzia è spesso trattata come una questione problematica da limitare almeno nello spazio pubblico, molti genitori e insegnanti scelgono di adottare pratiche di “contenimento” quando si tratta della scuola. Queste famiglie, spinte dal desiderio di proteggere le loro creature da un mondo ostile, e/o in risposta alla richiesta di una scuola impreparata ad accogliere esperienze non normative nell’infanzia, si sentono spesso obbligate a limitarne l’espressione dell’identità di genere, confinandola nella sicurezza della casa. Ma questo approccio, per quanto benintenzionato, può essere profondamente dannoso, costringendo queste giovani vite a sopprimere il loro vero sé in un periodo cruciale del loro sviluppo.
Ciò che preoccupa di più è che lo studio rivela quanto nelle scuole primarie italiane non esistano politiche formali per sostenere l’infanzia trans*. Il personale insegnante, spesso privo di formazione sulla diversità di genere, è lasciato solo a gestire queste realtà, adottando risposte che variano notevolmente da una scuola all’altra.

Mentre vi sono persone educatrici che dimostrano una lodevole apertura all’apprendimento e al sostegno di giovani studenti trans*, altre, influenzate da valori patriarcali cisnormativi radicati, contribuiscono, a volte senza averne chiara l’intenzione, alla marginalizzazione dell’infanzia trans*.

La cisnormatività è profondamente radicata nel tessuto delle scuole italiane, manifestandosi in pratiche apparentemente banali come l’accesso ai bagni e in simboli come le divise specifiche per genere. Questi dettagli apparentemente innocui sono, in realtà, potenti strumenti di oppressione, che rafforzano una visione binaria del genere e rendono invisibili le identità non normative. Come sottolineato nello studio, l’influenza inquietante della Chiesa cattolica e dei movimenti anti-gender, agisce una pressione significativa sul sistema educativo, soffocando gli sforzi per creare ambienti più accoglienti e rispettosi della diversità di genere.

Questa ricerca non è solo un esercizio accademico: è un appello all’azione. Ci chiede di affrontare i pregiudizi sistemici che stanno danneggiando l’infanzia trans* in Italia e di prendere misure immediate per smantellare le strutture di cisnormatività e adultismo che pervadono le nostre scuole.

È ora di riconoscere che tutte le persone piccole in crescita, comprese quelle di genere creativo, sono soggettività complete e complesse, capaci di sapere chi sono e meritevoli di vivere in un ambiente scolastico che le sostenga nel diventare sè stesse in modo autentico. Le nostre scuole devono evolversi da luoghi di paura e misconoscimento a spazi in cui tutte le giovani vite, indipendentemente dalla loro espressione/identità di genere, origine, abilità funzionale, classe sociale siano affermate e valorizzate. Il futuro della nostra società dipende da questo.

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