Quanta cattiveria gratuita…
Ho pensato mille volte a come poter scrivere una mia testimonianza rispetto alla mia esperienza di madre di un bimbo trans.
È davvero tanta la “cattiveria gratuita” che si subisce, ogni giorno, nella società italiana: nelle istituzioni tutte, in ogni ambito, da quello scolastico, sanitario, sportivo, ludico, all’oratorio…
La si subisce con particolare ferocia dalle persone adulte, sempre pronte a giudicare negativamente situazioni ed esperienze che non rientrano in ciò che la società considera “normale” rispetto a quelle giovani vite che non si identificano con le norme di genere imposte alla nascita.
Mentre, al contrario, bambine e bambini spesso non hanno problemi a comprendere ed accettare compagne e compagni per ciò che sono
In Italia la mancanza di formazione, di conoscenza, di rispetto, la transfobia e gli stereotipi di genere riproducono una realtà falsa: in cui le esperienze trans, già da bambin*, sono da psichiatrizzare, diagnosticare, e anche per respirare bisogna chiedere il permesso…
Ma ci sono genitori, mamme come me, che dicono: “Basta nascondersi, l’infanzia trans esiste! Non ci devono essere bambin* di serie A e bambin* di serie B, perché i diritti devono essere per tutt* “
E anche queste giovanissime persone trans devono avere una vita degna ed essere felici”
La cattiveria più dolorosa e faticosa da sopportare è, spesso, quella che proviene dal nucleo familiare.
Sono divorziata e mamma di due bambine di 9 anni, assegnate femmine alla nascita, ma una di loro, fin da piccolissima, non si è mai sentita tale.
Emanuele ha manifestato, già dai primi anni di vita, una decisa identità di genere maschile che io ho accolto, appoggiato e amato per la sua e nostra felicità.
Molto presto però mi sono resa conto di non avere, per lui, nessun diritto e nessuna tutela da parte delle istituzioni italiane.
Quanta cattiveria gratuita…
Nella mia situazione c’è, purtroppo, un affidamento condiviso e un padre “cattivo”
Quando vede il figlio e la figlia, ripete che l’infanzia trans non esiste, che i bambini e le bambine sono maschi e femmine dal sesso di nascita.
Chiama sempre Emanuele con il nome anagrafico e pronomi femminili, obbligando anche Gaia, la sorella, a farlo e dicendo a tutte le persone, comprese le loro amicizie, che ha “due figlie” e sono femmine.
In questo modo continua ad invalidare e non rispettare l’identità di genere espressa dal mio bimbo, ostacolandolo in tutto e provocandogli profonde ferite psicologiche che di riflesso si ripercuotono pericolosamente anche sulla sorella.
Ovviamente il padre incolpa me di questa situazione dandomi della folle e affermando che senza il suo consenso NON potrò fare nulla per accompagnare il cammino di Emanuele.
Mi sembra chiaro che, in questo Paese, i diritti siano privilegi dati a seconda delle categorie di cui fai parte e se sei donna o una persona trans, sei sempre penalizzata, oggettificata, infantilizzata e ci vuole sempre un “uomo cis” che parli per te.
È tanta la rabbia che provo, questo padre è tutelato dalle istituzioni, la sua parola vale sempre più della mia ed è spalleggiato da quelle leggi che non legittimano il “diritto di essere trans” di bambini come il mio.
Quanta cattiveria gratuita…
Fa male la crudeltà di un padre, il cui ruolo di genitore dovrebbe essere quello di proteggere, ascoltare, sostenere e rispettare la propria creatura, invece di considerarla malata e sbagliata perché trans, distruggendo così la sua autostima e il sua vera identità.
Sentirsi rifiutat*, inaccettabili dal proprio genitore è un fatto terribile per un bimbo o una bimba che ti ama e la cui vita dipende da te.
Così l’ infanzia trans cresce pensando di essere sbagliata perché diversa, non riconosciuta.
Essere trans non è una scelta o un “capriccio del momento” per attirare attenzione,
è un modo di essere, ci si nasce e si deve avere il diritto di esistere per ciò che si è!
Quanta cattiveria gratuita…
La scuola parla di “educare alle differenze” ma chiude la porta all’esperienza trans,
negandone legittimità e riconoscimento, costringendo così queste giovani vite a subire discriminazioni e bullismo.
Proprio la scuola che dovrebbe essere un ambiente sicuro, accogliente e rispettoso nel sostenere il benessere di “tutta” la comunità scolastica.
In Italia mancano protocolli rispettosi e linee guida per l’attivazione della “carriera alias” all’interno delle scuole, delle società sportive e in tutti i posti in cui i/le bambin* trans svolgono attività. Quando è “concessa” viene fatta passare per un privilegio, dimenticando quanto vivere in questo modo sia una costante violazione dei diritti umani
L’assenza di una corretta formazione è inaccettabile!
Senza una certificazione medica non si va da nessuna parte e pure anche con quella sono salti ad ostacoli continui.
A me non servirebbe affatto un ” foglio di carta,” una diagnosi che attesti chi è mio figlio, essere trans non è certo una malattia… Ma qui in Italia è ancora così, tutto assurdo…
Amo Emanuele perché è intelligente generoso, gentile e rispettoso, ha un carattere allegro e per me, che sia trans o meno, non fa alcuna differenza.
Ma troppo spesso è lui che deve fare, con le persone, la parte dell’adulto che si fa carico di spiegare, giustificare…
Questa è la società in cui viviamo, in cui la responsabilità è dei bambini, e non è affatto giusto!
Ma Emanuele è certo del mio supporto incondizionato e di quello di Gaia, ed è felice e forte insieme a noi.
Perché farlo soffrire procurandogli violenze inutili e dannose solo perché le persone adulte sono ignoranti, piene di pregiudizi e fanno del male gratuito a questa infanzia trans e ai genitori che la sostengono?
È ora di dire basta a tutte le forme di violenza che questa società fa subire a bambini e bambine solo perché loro vogliono essere se stesse!
L’infanzia trans va RISPETTATA e deve avere il DIRITTO di ESISTERE!
Chi ha il diritto di stabilire che essere un bambino trans sia giusto o sbagliato?
Grazie per l’opportunità
Sissi R.
Una delle numerose mamme coraggiose italiane.
Aprile 2022