Se l’idea che una persona ha dell’espressione “fare coming out” (uscire dall’armadio) procede dai media, questa potrebbe pensare che “fare coming out” faccia riferimento a un momento eclatante, un’azione definitiva di una persona LGBTQI+ che, finalmente, si presenta al mondo senza coperture in quanto persona LGBTQI+. Questo magari può valere per una persona celebre come Elliot Page o Vladimir Luxuria. Noi siamo famiglie di piccole/giovani persone trans e sappiamo che, il più delle volte, le cose non funzionano proprio così.
Non solo una ma più volte
Noi sappiamo che il “coming out” non è una azione che si compie una sola volta. Una persona trans fa diversi coming out nel corso della sua vita: ai genitori, a* amic*, a* partner, a* compagn* di scuola o a* superiori nel lavoro…ma anche al panettiere di fiducia, a* vicin*, a* medic*… Le circostanze possono portare la persona a dover fare diversi coming out più volte al giorno! Naturalmente, questa non è una cosa facile: da nessuna persona cis ci si aspetta che metta a nudo le proprie intimità sul bancone del pescivendolo, davanti all’ascensore, sulla scrivania de* maestr* o nella sala di attesa di un ambulatorio.
Fare coming out può essere una liberazione, spesso lo è, ma è anche un’imposizione a mettersi a nudo, a definirsi solo ed esclusivamente per una delle tante caratteristiche che conformano la personalità di un individu*.
Anche la famiglia fa coming out
Come famiglie non possiamo non sapere che il coming out non lo fa solo la persona trans: ogni genitore, sorella, nonno, … che vuole bene e accompagna apertamente la persona trans vive a sua volta l’esperienza di fare coming out, con tutto ciò che questo comporta: si passa così a diventare attivista per il semplice fatto di essere un parente che ama e che supporta. L’ambito familiare è uno di quelli in cui il carattere ripetitivo del coming out si evidenzia con chiarezza: molto spesso, la creatura trova un membro della famiglia con la quale si confida. Questo membro della famiglia (che di solito è la mamma, ma può essere un fratello, una nonna, …) diventa così un* alleat* su cui la persona trans potrà contare nel presentarsi, in modo diverso a seconda del grado di rispetto e apertura che si respira, al resto della famiglia.
Essere alleat*
Essere un* alleat* richiede una forte convinzione e consapevolezza. In tanti contesti ostili l’alleat* diventa lo scudo della persona trans (soprattutto se molto piccola) e deve proteggere come un parafulmini tutte le incomprensioni e l’aggressività di chi non capisce e non rispetta. L’unione de* alleat* attraverso una rete solida ed efficace è fondamentale per accrescere quella convinzione e consapevolezza che, insieme all’amore incondizionato, costituiscono lo strumento più importante di chi sceglie di essere l’alleat* di una persona trans.