GENDERLENS TRADUCE PER VOI QUESTA FRESCA RIFLESSIONE DI BEL OLID SU COME EDUCARE LE PIÙ GIOVANI PERSONE LIBERE DI ASPETTATIVE DI GENERE CON I FATTI E NON SOLO CON LE PAROLE.
https://www.pikaramagazine.com/2020/12/faldas-para-papa/
“Nelle famiglie che mi circondano è molto comune lasciare che le creature si esprimano liberamente. Sono contesti dove la gente rispetta e ascolta ed è comune vedere bambin* di due o tre anni che sperimentano l’espressione del genere. Ma così come le bambine hanno spesso la fortuna di potersi vestire come vogliono senza troppe difficoltà, almeno fino alla pubertà, con i bambini è un’altra storia. Anche se a casa non c’è censura sulla scelta dei vestiti, la maggior parte dei bambini cui è stato assegnato il genere maschile alla nascita non continua a sperimentare l’abbigliamento dopo i quattro o cinque anni. Questa è l’età in cui iniziano a soccombere alle pressioni dei loro coetanei e a volte anche degli adulti al di fuori del nucleo familiare, che fanno capire molto chiaramente cosa è ritenuto da maschio e cosa da femmina.
Quando i/le bambin* cominciano a poter esprimere ciò che vogliono e i loro gusti sono rispettati, la sensazione di libertà è contagiosa. La pescivendola confonde un bambino con le trecce con una bambina, non importa. Lo zio insiste a regalare pistole quando al bambino piacciono le bambole, fa lo stesso. Il bambino sceglie e i suoi genitori lo rispettano, sapendo che stanno facendo spazio al proprio figlio affinché cresca libero di essere sé stesso.
Ma quel tempo ha vita breve. Molti dei miei amici si rattristano nel vedere i loro figli chiedere che gli si taglino i capelli, o nel vederli smettere di indossare vestiti e colori che gli piacciono solo perché i capelli lunghi, le gonne e il rosa non sono accettati a scuola se sono indossati dai ragazzi. Alcuni sono addirittura delusi nel vedere che, nonostante tutto il sostegno che ricevono a casa, i loro figli si stanno sempre più “normalizzando”, e presto non c’è più traccia di nulla che non sia normativamente maschile nel loro aspetto. Nella migliore delle ipotesi, conservano come travestimento quelli che un tempo erano i loro vestiti preferiti. Allora a casa si prova a insistere con: “non c’è niente di male a vestirsi in modo diverso dagli altri”, “non ci sono colori da maschio o da femmina”, “se ti va di indossare una gonna, fallo”.
Ma, nel voler dare ai bambini la libertà che vogliamo che abbiano, non chiediamo loro una sicurezza e un’autostima che pochi adulti dimostrano? In che misura gli adulti che danno consigli così saggi ai bambini li applicano a sé stessi? Quanti uomini avete intorno a voi che non hanno un’espressione normativa di genere?
In molte case i bambini possono indossare la gonna perché hanno delle sorelle, non perché è un capo d’abbigliamento offerto loro. In altre parole, li “permettiamo” se mostrano interesse, ma non sono la prima scelta. E in alcuni casi è una cosa che è consentita all’interno della casa, ma non all’esterno. Per paura della violenza che potrebbero subire o perché qualcosa viene rimosso dal profondo, facciamo sapere loro che i maschi non indossano la gonna per strada, “anche se non c’è niente di male ad indossarla a casa” aggiungiamo. Ma se non c’è niente che non va, perché non indossarlo per strada? E perché papà e il nonno non lo indossano mai?
Il discorso a favore di una più libera espressione del genere deve essere accompagnato da un esempio. Come in ogni cosa, si viene educati più da ciò che si fa che da ciò che si dice. Dire a* bambin* che possono vestirsi come vogliono mentre noi adulti seguiamo tutte le regole di ciò che è socialmente accettabile è barare: è chiedere loro di creare lo spazio di libertà che vorremmo vedere, ma senza esporsi alla trasgressione.
Se vogliamo davvero che si esprimano liberamente, dobbiamo offrire loro delle opzioni possibili non solo come pionieri, ma anche come seguaci. Se a papà non piace il rosa, porta i capelli corti, non si dipinge mai le unghie e indosserebbe solo una gonna per il carnevale, quali altri modelli posso mostrare a mio figlio? Che uomini ho vicino che vestono un modello di mascolinità diverso? Quali star del cinema? Quali giocatori di calcio?
Finché tutti gli adulti a cui si riferiscono (nella loro vita quotidiana o sugli schermi) sono normativi, chiedere ai bambini di conservare la curiosità di sperimentare oltre i primi anni è irrealistico. Imparano presto che vestiti di blu ricevono meno insulti, meno sguardi di disapprovazione e meno commenti umoristici. Sopprimono e il mondo rimane stretto, binario, diviso.
Mi piace immaginare un presente (perché chissà se ci sarà un futuro) dove, nel parco, si può vedere tutto. Il padre di Maria in gonna, la madre di Ilham che condivide lo smalto con lo zio di Paquito. Il nonno dei gemelli con la fascia a farfalla e il giardiniere che pota le siepi con l’ombretto turchese. Perché, affinché tutti i bambini possano vestirsi come vogliono, deve arrivare il giorno in cui alcuni genitori indosseranno di tanto in tanto una gonna. E dimmi che non sarebbe bello!”